A fine anno non poteva mancare il sondaggio autorevole di Pagnoncelli sul Corriere della Sera sulle intenzioni di voto degli italiani. Insomma, che cosa succederebbe se si votasse oggi? Senza entrare troppo nei dettagli e notando che non ci sono scossoni clamorosi rispetto alla storia recente dei singoli partiti, l’Italia si avvia verso un bipolarismo ormai netto. Due grandi movimenti con due donne al comando: Fratelli d’Italia, guidato dalla premier Giorgia Meloni, che si attesta quasi al 28%, e il PD, con la segretaria Elly Schlein, che sfiora il 23%.
Intorno a loro si organizzano le coalizioni: quella di centrodestra, che è concreta e governa, e quella di centrosinistra, il cosiddetto “campo largo”, che non è ancora reale ma si sta strutturando nel laboratorio delle opposizioni. Due successi, se si considera che dopo due anni di governo i sondaggi solitamente indicano un calo di consensi e che, per chi è all’opposizione da due anni, raccogliere consensi è sempre più difficile.
Nel frattempo, la politica non è in vacanza: domani si chiude con la manovra finanziaria, mentre il Papa, bussando alla porta di Rebibbia, riapre il dibattito su un tema tanto delicato quanto decisivo, quello delle carceri. Su entrambi i fronti le visioni del mondo sono agli antipodi: più sicurezza e pene più severe da una parte, amnistia e pene alternative dall’altra. La verità, però, è che per tutti—sia a destra che a sinistra—le carceri rappresentano lo specchio involontario e drammatico di un welfare che non funziona.
Malattie mentali e immigrati sono i figli di un’inclusione che manca. Questi temi, insieme a sanità e diritti, sono i nodi cruciali della nostra epoca. Né una legge di bilancio, vincolata dai paletti europei, può da sola fornire tutte le risposte. A gennaio tornerà il tormentone delle riforme, in un dibattito pubblico sempre più polarizzato e dunque diviso e divisivo.
E non è un bene, perché resto dell’idea che un Paese cresca solo con l’intelligenza di tutti.
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