Non ci ammaliamo per colpa del freddo

New York è una città che sfida il freddo con stile. Quando arriva gennaio e il termometro scende a picco, i newyorkesi si infilano il cappotto lungo, un caffè bollente in mano e via, a piedi tra le raffiche gelide di vento. Qui, con la neve che si accumula sui marciapiedi e i taxi che slittano sull’asfalto ghiacciato, a volte si punta il dito contro il freddo per un raffreddore. Ma, come direbbe un qualsiasi abitante dell’Upper West Side: “It’s not the cold, honey, it’s the subway air!”.

Ed è proprio vero: il problema, in inverno, non è fuori ma dentro. In fondo, a New York può capitare di raggiungere temperature sotto lo zero, ma raffreddori e influenze non sembrano colpire più che altrove, dove magari gli inverni sono più miti – chiedetelo ad un vostro parente o amico in Italia, per conferma! Il motivo? Non è il freddo a farci ammalare, ma la combinazione perfetta di virus, ambienti chiusi e, soprattutto, aria secca.

Ad oggi, in effetti, nessuna ricerca scientifica è riuscita a dimostrare che le temperature basse, il vento o la pioggia causino più facilmente l’insorgenza dell’influenza o di un raffreddore. Per ammalarsi è infatti indispensabile la presenza di un virus, e quello del raffreddore – come anche quello dell’influenza o della tosse -, ad esempio, è in grado di mutare molto velocemente per ingannare il nostro sistema immunitario, ed è questa la ragione per cui prendiamo il raffreddore anche una volta l’anno: il sistema immunitario deve adattarsi costantemente ad una nuova minaccia. È anche la ragione per cui ogni anno cambia il vaccino influenzale.

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Nelle nostre case e nei nostri uffici, il riscaldamento è spesso il colpevole nascosto. L’aria calda e asciutta, tipica degli ambienti chiusi in inverno, priva le mucose nasali della loro naturale umidità. Questa barriera protettiva, fondamentale per fermare virus e batteri, diventa meno efficace, lasciando il nostro organismo più esposto. A differenza di quanto si pensa, il freddo esterno svolge un ruolo molto marginale. In realtà, il gelo può perfino avere un effetto benefico: molte particelle virali faticano a diffondersi all’aperto, dove il ricambio d’aria è costante.

Tornando alle ricerche scientifiche, ne sono state effettuate diverse per mettere in relazione i malanni alle basse temperature, ma, come detto, nessuna è riuscita davvero a dimostrare un rapporto di causalità. Alcuni studi hanno riportato risultati parziali, come ad esempio la difficoltà delle cellule immunitarie a contrastare un virus con il freddo rispetto all’efficacia di farlo a temperature più miti, o un test su dei laboratori che ha effettivamente notato come il raffreddore tenda a moltiplicarsi nella popolazioni con più facilità quando le temperature sono basse. Tuttavia, nessuno di questi studi ha prodotto risultati universali in grado di mettere in relazione le due cose, e la comunità scientifica continua a ribadire l’inesistenza di un rapporto causa-effetto tra freddo e malattie.

Nonostante ciò, comunque, sentiremo sempre dirci di “coprirci per non prendere freddo” durante le giornate invernali, nella convinzione che “vestirsi leggeri” con il freddo possa automaticamente produrre l’effetto indesiderato dell’insorgere di una malattia. Questo si spiega con la natura dell’essere umano a mettere in relazione alcune casualità quando sono utili a spiegare fenomeni di cui ignoriamo davvero il funzionamento, collegando la comparsa di un raffreddore con la percezione di freddo avvenuta magari la giornata precedente.

Anche qui, è importante sottolineare che un raffreddore o un mal di gola, oltre a venir causati da un virus e non da un “colpo di freddo”, impiegano diverso tempo prima di causare sintomi: si tratta del periodo di incubazione, che può variare da qualche giorno fino ad un paio di settimane. Pertanto, nonostante la natura umana favorisca la messa in relazione tra eventi relativamente recenti, la realtà potrebbe essere diversa: potremmo aver contratto il virus nella metropolitana, di ritorno a casa dopo una giornata di lavoro la settimana scorsa, e non durante una passeggiata in una giornata rigida il giorno prima.

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