Francesco Bauco: un attore italiano a Los Angeles, tra Shakespeare e James Dean

Francesco Bauco, attore e autore italiano, vive a Los Angeles dove si sta affermando con determinazione e talento nella scena teatrale e cinematografica. Dopo una brillante carriera in Italia, fatta di campagne pubblicitarie di grande impatto e collaborazioni con registi importanti, ha scelto gli Stati Uniti per inseguire nuove opportunità e raccontare le sue storie. Il suo nuovo spettacolo “Waiting Room”, che lo vede autore e regista, debutterà a novembre 2025 al Los Angeles Theater Center. Lo abbiamo incontrato per parlare di questo progetto profondamente personale, della sua esperienza americana e della sua visione del mestiere d’attore.

“Waiting Room” è il titolo della tua nuova play. Da dove nasce questa storia?

Era da tempo che avevo in mente una storia di due fratelli con un padre in comune ma cresciuti da due mamme diverse. È fondamentalmente la storia della mia famiglia. A dieci anni i miei genitori divorziano, mio padre si risposa l’anno successivo e ha un altro figlio: mio fratello. Siamo cresciuti in case, città e con madri differenti, ma con lo stesso padre che alternava il suo tempo tra noi due. Questa dinamica mi ha sempre affascinato, tanto da volerla portare in scena.

Quali sono le fonti di ispirazione per il testo?

Oltre alla mia esperienza personale – con aneddoti e rituali familiari – mi sono ispirato al racconto biblico di Caino e Abele, da cui derivano i nomi dei fratelli Axel e Calvin. E poi Shakespeare, José Saramago, fino a John Steinbeck, da cui è tratto anche il film “La valle dell’Eden” con James Dean.

Cosa significa per te dirigere e recitare una tua opera?

È una grande sfida. Entusiasmante, ma anche spaventosa. Per crescere però bisogna fare proprio ciò che ci spaventa. Questo progetto è un salto, un rischio necessario. E posso contare su un cast straordinario: tra tutti Brian Avery, una leggenda di Hollywood, che ha accettato il ruolo di Mr. Davis. Gli altri attori sono persone con cui ho già lavorato e in cui ripongo totale fiducia. Il pubblico sente se c’è verità sul palco. E con il pubblico non si può bleffare.

Quando debutterà lo spettacolo e a quale iniziativa sarà legato?

La premiere è prevista per il weekend del 21 e 22 novembre 2025 al Los Angeles Theater Center. Parte del ricavato sarà devoluto a una clinica che si prende cura di pazienti in età avanzata. È un progetto con un’anima, con uno scopo che va oltre l’intrattenimento.

Cosa vuoi trasmettere al pubblico con questa storia?

Che ognuno di noi è, o è stato, figlio, fratello, padre o madre. Sul palco ci sarà un po’ di tutti noi: una risata, un ricordo, una notizia inattesa o una lacrima improvvisa. Sarà la vita, così com’è.

Per te scrittura e recitazione sono collegate?

Assolutamente sì. Per me, la scrittura è parte integrante della recitazione. Quando preparo un personaggio, tengo sempre un diario. Gli attori creano le storie dei personaggi che interpretano. Anche quando non le scrivono, le vivono dentro di sé.

Cosa ti ha dato Los Angeles?

È una città con luci e ombre, ma ti dà l’opportunità di realizzarti. Qui, se hai un progetto valido e lavori sodo, la possibilità ti viene data. Devo molto anche ai registi italiani con cui ho lavorato, che mi hanno incoraggiato ad andare all’estero per trovare più opportunità.

Quali sono, secondo te, le differenze tra il sistema italiano e quello americano?

Negli Stati Uniti esiste una maggiore apertura da parte di investitori e imprenditori verso i nuovi talenti. Non c’è quel legame stretto, quasi vincolante, tra politica e mondo dello spettacolo come in Italia. Penso alle battaglie di Gigi Proietti per il Globe Theatre o per la riapertura del Teatro Valle.

Credi che l’essere italiano all’estero sia un vantaggio?

Sì. La grinta e la determinazione italiana sono qualità molto apprezzate qui in America. Se le metti a servizio di un’idea con impatto positivo sulla comunità, puoi fare la differenza, anche nel tuo piccolo.

Che tipo di personaggi ami interpretare?

Mi affascinano i personaggi intensi, quelli con zone d’ombra. I “cattivi” hanno sempre una ragione per esserlo: un trauma, una perdita, un dolore mal elaborato. Mi piace portarli alla luce, dare loro umanità.

C’è un tema ricorrente nelle tue storie?

Le dinamiche tra due individui: fratelli, amici, genitori e figli. Capirne i meccanismi mi affascina moltissimo.

Recitare è per te una scelta o una vocazione?

È una vocazione. Non si sceglie, ti sceglie lei. Non ha a che fare con il successo. Quando non mi emozionerà più, smetterò. Ma solo una vocazione ti porta a continuare a lavorare in un mestiere senza certezze.

Come vedi il futuro di Hollywood?

La crisi si supererà solo se si darà spazio a nuovi talenti e nuovi progetti. Tutto è un ciclo, e serve nuova linfa per far rifiorire l’industria.

Quali sogni hai oggi?

I miei sogni non sono nel cassetto ma sulla scrivania, davanti ai miei occhi. Ogni sfida raggiunta ne apre un’altra. Per ora mi godo il viaggio, passo dopo passo. Dirigere un’opera scritta da me è già una grande conquista. Ma possiamo fissare il prossimo appuntamento al 2026 per la prossima sfida!

L’articolo Francesco Bauco: un attore italiano a Los Angeles, tra Shakespeare e James Dean proviene da IlNewyorkese.

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