Ettore Prandini: “Così i farmers market diventano ambasciatori del Made in Italy”

In occasione del Fancy Food Show di New York, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini racconta il valore strategico dei mercati contadini internazionali, le sfide dell’Italian sounding e le opportunità per l’agroalimentare italiano negli Stati Uniti. Tra record di export, nuove strategie di presenza e il ruolo centrale di cuochi e ristoratori, l’obiettivo è chiaro: fare degli USA il primo mercato mondiale per il cibo Made in Italy.

Presidente Prandini, partiamo subito da una delle operazioni che più ha fatto parlare qui a New York: quella del mercato italiano a Union Square, un’iniziativa davvero interessante che ha portato i prodotti Coldiretti direttamente ai consumatori finali. Cosa c’è dietro questa operazione?

C’è la consapevolezza del ruolo fondamentale che i farmers market possono avere come opportunità sia per i cittadini che per i consumatori. Oggi, a livello mondiale, si contano circa 60 Paesi coinvolti, con 200 mila famiglie partecipanti e 300 milioni di cittadini che acquistano abitualmente prodotti grazie a questi mercati. È un modello che valorizza la filiera corta e l’autenticità del prodotto.

Uno dei grandi temi portati avanti da Coldiretti – e che qui negli Stati Uniti rappresenta un vero e proprio problema – è quello dell’“Italian sounding”: prodotti che sembrano italiani, ma non lo sono. Eventi come il Fancy Food Show rendono evidente questa ambiguità. Qual è la strategia per contrastarla?

Essere presenti al Fancy Food di New York è fondamentale, ma non basta partecipare a una fiera. Bisogna creare consapevolezza durante tutto l’anno, costruendo un rapporto continuativo con i cittadini statunitensi. Dei 120 miliardi di euro complessivi legati al fenomeno dell’Italian sounding, 40 si concentrano proprio negli Stati Uniti. Questo, da un lato, rappresenta un problema da combattere; dall’altro, è anche un’opportunità, perché dimostra quanto il consumatore americano desideri acquistare prodotti agroalimentari italiani. Alla base di tutto ciò deve esserci un investimento serio da parte delle istituzioni, che accompagnino le nostre imprese nella presenza costante su questo mercato, così da aumentare il valore reale dell’export. Nel 2024 abbiamo raggiunto un record storico con 8 miliardi di euro. Ci auguriamo che nel 2025, nonostante le tensioni globali, si possa arrivare a quota 9 miliardi.

Nonostante i dazi e i tanti allarmi, la richiesta di Made in Italy continua a crescere. I dati del primo semestre lo confermano. Quali azioni concrete si possono mettere in campo per aiutare le aziende agricole italiane a entrare più stabilmente nel mercato statunitense?

Da un lato, il ruolo dell’Italian Trade Agency è cruciale, perché può mettere a disposizione professionalità in grado di preparare adeguatamente l’arrivo dei nostri imprenditori, posizionando in modo corretto i prodotti sugli scaffali, anche in termini di valore. Dall’altro, il coinvolgimento dei nostri cuochi e ristoratori è altrettanto strategico: rappresentano una piattaforma di comunicazione culturale che aiuta a far comprendere la differenza tra un prodotto autenticamente italiano – anche sul piano della sicurezza alimentare – e uno che si limita a sembrare tale.
Se riusciremo a lavorare in questa direzione, siamo convinti che il mercato statunitense possa, nell’arco di 3-4 anni, diventare il primo al mondo per valore dell’esportazione dell’agroalimentare italiano.

Le chiedo ora: quali sono i prossimi progetti in cantiere? Può anticiparci qualcosa in esclusiva?

Innanzitutto vogliamo continuare a puntare sul ruolo strategico dei farmers market, perché rappresentano un canale diretto per comunicare col cittadino. In parallelo, è importante mantenere una presenza istituzionale, economica e commerciale forte in tutti i Paesi del mondo, valorizzando in particolare quei mercati che definiamo “consolidati”. Questo non significa che abbiano raggiunto il massimo potenziale di vendita, ma che ci lavoriamo da anni e che lì la qualità dei nostri prodotti è già percepita. Questo ci consente un posizionamento migliore, sia in termini di valore che di riconoscimento per il lavoro quotidiano dei nostri imprenditori.

Perfetto, Presidente. Grazie per essere stato con noi al Box de Il Newyorkese. Alla prossima!

Grazie a voi!

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