Alien: Romulus debutta al cinema il 16 agosto

Non c’è “mostro” della moderna cinematografia di fantascienza che abbia colpito l’immaginario collettivo quanto la creatura xenomorfa protagonista di Alien, cult movie lanciato nel 1979 da Ridley Scott

Alla pellicola, che vedeva Sigourney Weaver nei panni dell’ufficiale di un’astronave da trasporto che si imbatte col suo equipaggio in un mostruoso parassita alieno, hanno fatto seguito altri 5 film. Aliens – Scontro finale (forse il migliore dell’intera saga, diretto da James Cameron nel 1986), Alien (1992, seguito del precedente, ma diretto da David Fincher), Alien – La clonazione (del 1997, con la regia di Jean-Pierre Jeunet, il meno interessante), Prometheus (un prequel senza la Weaver, ma con un super cast composto da Noomi Rapace, Michael Fassbender, Guy Pearce, Idris Elba e Charlize Theron, diretto ancora da Ridley Scott) e Alien: Covenant (sequel di Prometheus con Michael Fassbender e la regia di Ridley Scott, uscito nel 2017). 

Ora arriva nelle sale il nuovo atteso capitolo, Alien: Romulus, prodotto da Ridley Scott ma scritto e diretto da Fede Alvarez, una sorta di “omaggio” che in qualche modo riavvolge il nastro e riesce a far ripartire la storia dall’inizio, pescando a piene mani dalle migliori suggestioni dei film precedenti. 

La protagonista è Rain (la interpreta Cailee Spaeny) una ragazza orfana che per riscattarsi è costretta a lavorare nella squallida colonia mineraria di un pianeta lontano dal sole. Con lei c’è il fratello Andy (David Jonsson), in realtà un umanoide sintetico mal funzionante al quale i genitori l’hanno affidata (anche se è più lei a badare a lui). Quando l’ex fidanzato di Rain (Archie Renaux) col suo gruppo di amici (Isabela Merced, Spike Fearn e Aileen Wu) scopre il relitto di una stazione spaziale vagante, sembra a tutti l’occasione per cambiare vita. Basterà raggiungerla e appropriarsi dell’attrezzatura necessaria al “criosonno” per trasferirsi su un pianeta molto più promettente, raggiungibile in 9 anni di viaggio. Un’impresa apparentemente senza grandi difficoltà, per la quale però serve la presenza di Andy, che essendo stato costruito dalla stessa compagnia ha i codici di accesso per entrare nella base. 

Tuttavia, come possiamo immaginare, quando i ragazzi e il sintetico arriveranno a bordo del relitto, che si rivelerà essere un laboratorio scientifico abbandonato, quasi tutto andrà storto. 

Nelle intenzioni della produzione il film vuole porsi temporalmente a cavallo tra il primo Alien e Aliens – Scontro finale. Spiega Alvarez: «Lo abbiamo affrontato come un film d’epoca, studiando a fondo gli anni Ottanta e ogni fotogramma dei due film, per dargli un aspetto estetico molto tattile e antiquato, caratterizzato da un’oscurità “familiare”. Mi piacerebbe che lo spettatore lo intendesse come il secondo di una trilogia». 

Ogni angolo della stazione spaziale e delle astronavi che vedrete è stato costruito in studio – l’interno della vecchia nave che i ragazzi utilizzano per raggiungere il relitto è una copia esatta della Nostromus del primo Alien – mentre per ricreare la colonia è stato realizzato un enorme mondo in esterni, con coltivazioni, campi minerari e oltre 400 comparse, inoltre l’intera pellicola è stata girata in sequenza cronologica. «Lavorare sul set è stato fantastico: tutto era reale, cosa che ci ha reso il lavoro più facile e anche molto più divertente» ha commentato Renaux. 

Le citazioni non si fermano alle atmosfere: dalla colonna sonora, che riprende le musiche dei film precedenti, alle battute diventate iconiche – «stay away from her, bitch» (in italiano: stai lontano da lei, maledetta) alla scena altrettanto iconica del baby alien che emerge squarciando il petto di uno dei protagonisti, Alien: Romulus è un omaggio raffinato che ci riporta indietro nel tempo (e piacerà ai cultori della saga), ricco di tensione e con un epilogo originale che non voglio spoilerare. 

Unica pecca: per quanto brava Cailee Spaeny non ha il carisma di Sigourney Weaver, che (prevedibilmente) resta insuperata. 

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