C’è un evento culturale e politico importante in Italia subito dopo il Ferragosto, intorno al 20 come data d’inizio, quando molti italiani sono ancora a bagnar le membra nel bel mare della penisola. Si tratta del Meeting di Rimini, storico evento organizzato da CL, ovvero Comunione e Liberazione, giunto quest’anno alla 45ª edizione, presentata oltretutto in una calda serata di luglio a Bruxelles all’ambasciata italiana. C’ero anche io, nella capitale belga per altri motivi, e rimasi colpito dalla doppia sfera simbolica di quella presentazione: la nostra ambasciata e il posto delle istituzioni europee, dell’Europa. Molti infatti gli eurodeputati italiani presenti.
Su questa scia, il Meeting di quest’anno è stato aperto da Mario Draghi, che ha parlato in modo sferzante della Ue. Il grande economista, il nostro ex Presidente del Consiglio di una maggioranza allargata nata sui problemi del Covid, l’ex grande governatore della Banca centrale europea, l’uomo che salvò l’euro con il famoso Whatever it takes nel 2012, ha tenuto un discorso molto eloquente e molto duro sull’Europa nel momento storico che stiamo vivendo.
“Basta illusioni – ha detto – è finita l’epoca in cui pensavamo di contare qualcosa. Siamo condannati, insomma, per colpa nostra, a una sorta di secondarietà mentre gli altri riscrivono l’ordine del mondo. Lo fanno sul piano economico, finanziario, tecnologico, militare.”
E il caro vecchio continente? La culla della civiltà e della cultura, ancora oggi un mercato importante, 500 milioni di cittadini solo a stare all’Ue, che è comunque più piccola dell’Europa geopolitica. Un mondo potenzialmente ancora decisivo, ma afflitto da divisioni fatali sul piano della politica estera e da un centralismo burocratico asfissiante. Afflitto da una mancanza di visione. La creatura politica unitaria che tanti intellettuali hanno sognato non è mai nata di fatto.
Draghi è deluso ma coerente con le sue teorie, espresse in un documento bollato come idealistico qualche mese fa. Si parlava di un nuovo Piano Marshall, di investimenti giganteschi collettivi per la transizione digitale ed ecologica, per evitare che il Green Deal diventasse una trappola economica. Si parlava di tecnologie della comunicazione, di un esercito comune, di un nuovo peso nelle grandi questioni del mondo, a cominciare dall’Ucraina e da Gaza. Niente di tutto questo è avvenuto.
Tanti applausi a Rimini, anche bipartisan. Ma non era un epitaffio di fine estate. Qualcuno dice che Draghi voglia scalare il ruolo di Von der Leyen. Staremo a vedere, il dado è tratto… e del resto il Rubicone (di cesariana memoria) è da quelle parti.
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