Dal Campari all’Aperol, dal bergamotto al vermouth, Michele Alfonso porta l’eccellenza del beverage italiano sulle scene internazionali. Al Fancy Food di New York, il mixologist dell’Italian Trade Agency spiega come educare il pubblico americano ai sapori italiani e promuovere un bere più consapevole, tra il fascino della tradizione e le nuove mode del low ABV.
Buongiorno a tutti e benvenuti. Siamo qui al Fancy Food di New York e ho il piacere di essere con Michele Alfonso, mixologist per l’Italian Trade Agency. Oggi ci aiuterà a comprendere meglio il mondo degli alcolici e del beverage che si cela dietro l’organizzazione del Fancy Food. Michele, quali prodotti italiani stai utilizzando oggi – ma anche nei giorni scorsi – per i cocktail presentati al Fancy Food? E come pensi che questi prodotti e questi cocktail raccontino l’eccellenza del Made in Italy nel mondo del beverage?
Ciao a tutti. In questi tre giorni stiamo rappresentando quelli che sono probabilmente i prodotti italiani per eccellenza: Campari, Aperol, Malfy Gin e diversi brand di bollicine, come il Prosecco proveniente da varie regioni italiane. È bello vedere questa affluenza di persone che ancora non conoscono questi marchi. Brand come Campari e Aperol, che oggi sono forse presenti in ogni casa, qui suscitano ancora curiosità. L’80-85% dei visitatori del Fancy Food è americano, e vedere questo interesse è davvero stimolante. Sul nostro drink menu abbiamo cinque cocktail, in cui utilizziamo prodotti come Italicus, Aperol, Malfy Gin, Campari e il classico Martini & Rossi Vermouth, che oggi è piuttosto raro da trovare nei bar. C’è davvero tanta richiesta e tanta voglia di conoscere da parte del pubblico, ed è sorprendente vedere quanto siano curiosi. E poi sono sempre del parere che, quando c’è quel “free component” – cioè quando offri qualcosa gratuitamente – le persone tendono ad ascoltarti un po’ di più.
Certo, assolutamente. Stavi già anticipando una mia curiosità: il ruolo del mixologist, soprattutto in un contesto fieristico come questo, diventa anche un ruolo culturale, quasi da brand ambassador. Un po’ l’hai già accennato, ma vorrei approfondire: qual è la reazione del pubblico americano quando scopre l’abbinamento tra gli spiriti italiani e ingredienti tipici regionali? Raccontaci.
Guarda, c’è – ed è evidente – un vero e proprio “wow effect”. Quando assaggiano questi prodotti dicono letteralmente “wow”, e questo dice tutto, anche se a volte manca una cultura di base. In realtà, il palato americano non conosce ancora bene questi sapori, come ad esempio il bergamotto, che è un prodotto tipicamente italiano, oppure il bitter Campari. Il pubblico americano non ha ancora un palato educato a questi gusti, quindi è bello poter spiegare cos’è il bitter, cosa c’è dentro e come lo misceliamo. Il nostro obiettivo, come mixologist ma anche come brand ambassador dell’eccellenza italiana, è far sì che le persone non solo conoscano il prodotto, ma lo acquistino. Questo è il mio scopo: voglio che quando il cliente entra nel liquor store di quartiere e vede una bottiglia di Campari, si ricordi di Michele, dell’Italian Trade Agency, del Fancy Food. Voglio che abbia maggiore consapevolezza e conoscenza.
Assolutamente. In questo momento c’è, secondo me, una grande attenzione verso i cocktail artigianali, e allo stesso tempo vediamo anche un trend crescente verso aperitivi a basso contenuto alcolico o addirittura analcolici. Quali tendenze stai osservando nel beverage italiano e come pensi che questi trend possano essere valorizzati all’estero?
Soprattutto qui a New York ho visto una crescita incredibile del low ABV (low alcohol by volume), come dicevi tu. In Italia abbiamo una grande tradizione legata al vermouth e vedo un aumento esponenziale dell’uso del vermouth anche qui negli Stati Uniti, specialmente a New York. Ogni volta che vado in un bar, vedo sempre più bartender che lo utilizzano. Lo capisci subito guardando il drink list: ci sono sempre più proposte orientate verso il low ABV, che è quasi vicino al no alcohol. Questo avviene anche per una maggiore attenzione alla responsabilità nel consumo. È bello vedere che, pur continuando a bere, cresce la percezione del bere in modo sano e responsabile. Ovviamente ci sono sempre eccezioni, ma io dico sempre che noi, come professionisti del settore – bartender, mixologist, proprietari – siamo i veri brand ambassador di questi prodotti. Qualunque prodotto sia, sei tu che devi educare il cliente. Quindi sì, c’è una forte tendenza verso il low ABV, e sta crescendo proprio grazie all’educazione che stiamo portando avanti nei bar, dialogando direttamente con i clienti.
Assolutamente. Sono molto contenta di sentire che non c’è solo una valorizzazione del prodotto con l’obiettivo di promuoverlo e venderlo, ma anche una grande attenzione alla consapevolezza del consumatore. Una consapevolezza responsabile. Ti ringrazio molto per la tua presenza qui, ma anche per il tuo ruolo: possiamo imparare di più sui nostri drink, sui nostri sapori e profumi, e possiamo farlo in modo consapevole e responsabile. Grazie mille Michele, e grazie per essere stato con noi.
Grazie a voi.
L’articolo Michele Alfonso: “Così racconto il Made in Italy nei cocktail, tra tradizione e nuove tendenze low alcohol” proviene da IlNewyorkese.