Durante il weekend, a Los Angeles, ci sono state diverse proteste e scontri con la polizia in seguito ad alcune operazioni dell’ICE, l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione. Venerdì mattina, agenti federali hanno effettuato almeno tre blitz in alcune attività commerciali della città per arrestare persone sospettate di non avere il permesso di soggiorno.. Le operazioni hanno immediatamente provocato manifestazioni di protesta che hanno portato anche a scontri violenti.
I raid sono avvenuti nel Fashion District e in altre aree industriali della città, con un totale di 45 persone arrestate secondo l’ICE. Alcuni testimoni hanno raccontato che gli agenti hanno fermato tutti i presenti, chiedendo documenti e trattenendo chi risultava sprovvisto di permesso. Quella di effettuare controlli e perquisizioni senza preavviso sui posti di lavoro alla ricerca di immigrati irregolari è una pratica già usata in passato dalla prima amministrazione Trump e che, ora, è tornata nuovamente in uso. La sindaca Karen Bass ha criticato l’intervento, parlando di «operazioni che minano la fiducia nelle istituzioni locali e spaventano le comunità».
Dalle prime ore della mattina di venerdì, piccoli gruppi di manifestanti si sono radunati fuori dagli edifici dove erano in corso i controlli, cercando di comunicare con le persone all’interno e invitandole a non collaborare. Alcuni testimoni hanno descritto scene di panico e confusione all’interno dei locali perquisiti, con i lavoratori messi contro il muro e interrogati sul posto. Nel pomeriggio le proteste si sono spostate davanti a un centro di detenzione dove si presume fossero stati portati alcuni degli arrestati. Ci sono stati lanci di oggetti, uso di spray al peperoncino e almeno un centinaio di persone fermate o allontanate con la forza.
Sabato sera, il presidente Donald Trump ha annunciato l’invio della Guardia Nazionale in città, una decisione presa senza il consenso né della sindaca né del governatore della California, Gavin Newsom. È un fatto piuttosto raro: l’ultima volta che un presidente ordinò il dispiegamento della Guardia Nazionale a Los Angeles fu nel 2020 a seguito dei disordini causati dalla morte di George Floyd, ma allora il provvedimento fu concordato con le autorità locali. In questo caso, Newsom ha definito l’invio «una provocazione politica».
La Guardia Nazionale è una forza di riservisti a disposizione sia dei governatori che del presidente. In genere viene utilizzata per gestire situazioni di emergenza, come disastri naturali o grandi disordini. Trump ha giustificato la sua decisione parlando di una “invasione” e di una “situazione fuori controllo” a Los Angeles, anche se la polizia locale ha confermato che nella maggior parte della città, prima dell’intervento della Guardia nazionale, non si sono registrati disordini rilevanti dopo venerdì sera. Sempre Trump, attraverso un post sul social network Truth, ha chiesto di “Arrestare subito le persone a volto coperto”.
In seguito all’invio della Guardia Nazionale, le manifestazioni sono riprese con più vigore e migliaia di persone hanno invalso le vie della città adiacenti al municipio e al tribunale federale, bloccando inoltre la principale autostrada di Los Angeles. Durante la giornata si sono registrati ulteriori momenti di forte tensione, con la Guardia Nazionale che ha utilizzato gas lacrimogeni e stordenti per disperdere i manifestanti. A questo si è aggiunto l’utilizzo di proiettili di gomma, con diversi testimoni che hanno segnalato spari ad altezza occhi. Una reporter di 9News è stata colpita da un proiettile di gomma durante un servizio giornalistico.
Secondo diverse fonti, Trump avrebbe anche chiesto al segretario alla Difesa di valutare l’invio di truppe attive, cioè non riserviste, nella città. Al momento non ci sono notizie di provvedimenti formali in questo senso. Il governatore Newsom ha chiesto il ritiro immediato della Guardia Nazionale e ha accusato l’amministrazione federale di aver “creato una crisi” per ragioni elettorali e di aver reagito come un “dittatore, non un presidente”.
In molte delle manifestazioni di questi giorni si sono viste diverse bandiere del Messico, che per alcuni manifestanti rappresentano un richiamo alla propria origine familiare, per altri un gesto di solidarietà verso le persone arrestate. La bandiera del Messico è diventata un po’ il simbolo della protesta in atto. Secondo dati recenti, negli Stati Uniti vivono circa 10,7 milioni di cittadini messicani e oltre 26 milioni di statunitensi con origini messicane.
Oltre alla bandiera del Messico sono comparse anche altre bandiere, come quella di El Salvador, paese di origine di una delle principali comunità latinoamericane della California. In alcuni casi sono state usate bandiere ibride, con elementi sia della bandiera americana che di quella messicana. Nel frattempo, le manifestazioni stanno continuando in forma meno estesa rispetto ai giorni precedenti, con presenze limitate ma costanti in vari punti del centro città.
L’articolo Cosa sta succedendo in questi giorni a Los Angeles proviene da IlNewyorkese.