L’algoritmo del tifoso

In tutto il caos che accompagna il calcio italiano in questo momento, quello che succede a Roma e alla Roma merita un capitolo a parte. Delle bandiere e delle filosofie manageriali delle nuove priorità abbiamo già scritto. Ma rispetto a quel pezzo altre cose sono successe. I Friedkin, ovvero i proprietari della squadra, ne hanno comprata un‘altra in Inghilterra, l’Everton, e per la prima volta nella loro breve e travagliata storia nella capitale hanno emesso un comunicato. Parole al miele per De Rossi, allenatore scaricato dopo poche giornate, parole al miele con i tifosi che per la ragione suddetta hanno contestato duramente la società. I quali tifosi poi avrebbero minacciato sui social l’Ad responsabile della cacciata, la greca Lina Souloukou, la quale a sua volta, per proteggere sé e i suoi figli, si è dimessa.

I Friedkin, un bel titolo per una telenovela o una serie tragicomica, in cui buoni e cattivi non si capisce più bene chi siano. I grandi commentatori hanno già sentenziato che i tifosi hanno i loro diritti ma non possono partecipare alla governance di aziende costose e complesse come quelle che guidano il calcio. Però da che mondo è mondo, la cosiddetta piazza conta. Non è nè estorsione nè pressione mafiosa, al netto delle frange di ultrà pericolosamente contigui con la criminalità organizzata .

Il tifoso come modello platonico ideale è il pubblico dell’attore che recita dal vivo ma anche l’auditel di chi lavora in tv. Senza quel calore lo show è morto. Piuttosto mi sembra che i fratelli terribili abbiano capito tardi che quel mondo, come tanti altri mondi, non si governa con gli algoritmi.

L’articolo L’algoritmo del tifoso proviene da IlNewyorkese.

Torna in alto